La Trinacria cristiana
Le ricerche storiche più recenti, nel campo dell’agiografia, della storia ecclesiastica, delle testimonianze funerarie e dell’archeologia cristiana, attestano già la presenza in Sicilia di piccole comunità cristiane tra la fine del II secolo e gli inizi del III secolo.
Grazie agli scambi commerciali, la notizia della crocifissione di Gesù di Nazareth e il suo nuovo messaggio di fede giunsero sulle coste della Sicilia orientale, in città come Taormina, Catania e Siracusa. In questo contesto precoce di religiosità cristiana si può inserire nel 98 d.C. l'uccisione del vescovo di Taormina Pancrazio, nel 251 il martirio di Agata da Catania e nel 304 quello di Lucia da Siracusa.
Negli anni seguenti, la cristianizzazione dell'Isola continuò in modo capillare nelle aree urbane e suburbane interne, luoghi dove si documentano, però, anche presenze di Paganesimo, Ebraismo e Arianesimo e dove si era ancora fortemente legati alla tradizione greco-ortodossa e alla lingua greca.
È importante ribadire che il Cristianesimo in Sicilia fu introdotto direttamente dall’Oriente e che le prime comunità cristiane sorsero nelle città più ellenizzate dell’Isola, quelle della costa orientale; quindi i primi fedeli erano per lo più di lingua greca. In Sicilia vi era, dunque, un particolare sincretismo di varie etnie e religioni. Inoltre le aree di culto, spesso associate a quelle cimiteriali, erano insediate soprattutto nelle zone rurali, meglio difese e meno accessibili, mentre nelle città erano stati riadattati siti di preesistenti divinità pagane.
Nel primo millennio dell’Era cristiana, all’epoca della Chiesa indivisa, (prima del Grande Scisma del 1054) i pastori e i fedeli siciliani guardavano, tuttavia, sia a Roma e sia a Costantinopoli e praticavano liturgie diverse.
Il processo di latinizzazione della Sicilia iniziò nel 447 con la lettera "Ad universos episcopos per Siciliam constitutos", con la quale il Papa Leone I invitò i vescovi siciliani ad usare nuove regole per il battesimo e lo stesso fece il Papa Gelasio I nel 494 e il Papa Gregorio Magno nel VI secolo. I risultati furono, tuttavia, insoddisfacenti dal momento che il Clero greco, essendo numeroso, incise maggiormente e fu determinante nella scelta della fede delle popolazioni autoctone. È certo che, a partire dal III secolo e sino al IX, la lingua greca fu la lingua propria dei fedeli e del Clero siciliano sia per la liturgia che per la formazione dei novizi nei monasteri e per i figli della nobiltà locale. In greco dialogavano le alte sfere religiose quando si incontravano nei vari Concili promossi dalla Chiesa indivisa ed in greco erano scritti gli Atti e si davano gli ordini agli ufficiali dell’esercito ed ai funzionari dell’Impero d’Oriente distaccati in Sicilia.
Nello specifico, la Chiesa siciliana presentava una forte struttura gerarchica con al vertice l’Arcivescovo metropolita di Siracusa e poi con i Vescovi delle più importanti sedi vescovili, quali Leontinoi (Lentini), Catania, Taormina, Messina, Tyndarion, Palermo, Lilybaion (Marsala), Trokalis (Caltabellotta), Agrigento, Lipari e Malta, sedi alle quali nel VII sec. si aggiunsero Thermai (Termini Imerese) e Mylae (Milazzo). In questa gerarchia seguivano agli Eparchi (Vescovi), i Presbiteri, chiamati Papas e Protopapas (Arcipreti) e i Diaconi, adibiti ai servizi divini, all’amministrazione dei sacramenti e alla lettura delle Sacre scritture.
Le più alte cariche erano affidate ai Chierici greci, come dimostrato dal fatto che ben quattro vescovi di Roma furono Greci: Agatone (678-681), Leone II (682-683), Conone (686-687), Sergio I (687-701).
Nel 732 tuttavia questo clima di contaminazione si sfalda e si acuiscono le controversie politiche e dottrinali tra Roma e l'Impero d'Oriente, poiché il Papa Gregorio III si rifiutò di approvare gli Editti iconoclasti, emanati dall'imperatore Leone III, il quale reagì requisendo i beni della Chiesa in Calabria, Puglia, Basilicata e Sicilia e sottoponendo all'autorità del patriarca di Costantinopoli tutte le Diocesi dell'Italia meridionale e dei Balcani. In tale contesto le ulteriori persecuzioni iconoclaste indussero molti fedeli e santi monaci a lasciare i territori orientali dell’Impero e a cercare rifugio in Italia meridionale e in Sicilia, luoghi nei quali riuscirono a nascondere preziose icone e reliquie, ancora oggi venerate dai fedeli.