La conquista araba della Sicilia ha segnato la prima fase della decadenza del Monachesimo orientale, poiché molti Monasteri, abbandonati, sono andati in rovina e i monaci bizantini hanno iniziato a lasciare l’isola, cercando riparo nel Continente.
In età normanna (1061-1198), il Papato colse l’occasione di riprendere le rivendicazioni della Chiesa latina e di avviare la riorganizzazione del proprio Clero e la progressiva reintroduzione della giurisdizione romana ma i Normanni si mostrarono amici e protettori dei monaci e li sostennero economicamente nel ricostruire i Cenobi e le Abbazie.
Ciò nonostante il crescente declino della cultura italo-greca era iniziato e con esso un incremento del flusso di monaci latini, specialmente negli ultimi anni del regno di Ruggero II, periodo nel quale si accelerò il processo di latinizzazione e si rileva la presenza di alti prelati europei e di Vescovi francesi, con il conseguente indebolimento della precedente tolleranza etnica e religiosa. A partire dal 1131 questa maggiore apertura verso l’immissione di gruppi etnici, provenienti dall’Italia settentrionale e d’Oltralpe, ha senza dubbio implementato la latinizzazione e la cristianizzazione in senso cattolico della Chiesa siciliana e ha determinato, quindi, il ridimensionamento del ruolo politico dei Greci.
Il monachesimo basiliano, però, ha continuato a resistere durante la dominazione sveva (1198-1266) anche se, con l’arrivo in Sicilia di Enrico VI e di Federico II di Hohenstaufen, si documenta, come scritto nel'"Epistola ad Petrum Panormitane Ecclesiae Thesaurarium de calamitate Siciliae", attribuita allo pseudo Ugo Falcando, il progressivo offuscarsi dell'equilibrio multiculturale del Regno.
Con l’avvento degli Angioini (1266-1282), l'irreversibile fase di decadenza, causata dalla perdita dell’elemento greco a favore di quello latino, proseguì inesorabile. Si registra, infatti, sia un'ulteriore e progressiva diminuzione del numero dei monaci, che abbandonarono alcuni Monasteri o passarono agli Ordini religiosi latini, e sia una lenta caduta nell’oblio della tradizione monastica orientale e della lingua greca un tempo usata nella liturgia.
La decadenza dei Monasteri basiliani si acuì nel 1494 con il regime commendatario. L' Abate commendatario è un ecclesiastico o un laico, che tiene un'Abbazia in "commendam", affidata provvisoriamente, per distinguerla da quella tenuta in "titulum", ossia in beneficio permanente. La commenda ha separato la gestione economica del Monastero dalla titolarità dell'Abbazia. L' Abate commendatario generalmente, inoltre, non risiedeva nel Monastero e non esercitava alcuna autorità sulla disciplina monastica interna, di competenza dell'Abate claustrale, che viveva, invece, nel Monastero con la comunità di monaci residenti. I commendatari, altresì, si dimostrarono più interessati all’arricchimento personale piuttosto che ad una corretta gestione delle strutture religiose che erano state affidate loro.