Antonio il Grande


ANTONIO IL GRANDE (III-IV secolo)

Sant’Antonio “il Grande” - dai latini erroneamente denominato “Abate” - fu l’illustre iniziatore dell’eremitismo.

Nacque in Egitto attorno al 250 d.C. e all’età di vent’anni, abbandonata la “mondanità”, decise di vivere in solitudine, nel deserto, seguendo la regola evangelica “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi”.

Nel suo eremo si dedicò alla lettura, alla memorizzazione e alla meditazione della Sacra Scrittura, oltre che alle opere di carità a favore dei poveri che, numerosi, accorrevano a lui.

Attorno al 285 si rifugiò sul monte Pispir (Egitto) per vivere con più austerità l’anacoretismo, ritenuto indispensabile per realizzare l’unione con Dio (divinizzazione).

Nel 311 lasciò il suo eremo per recarsi ad Alessandria e confortare i cristiani perseguitati dall’imperatore Massimino Daia.

Terminata la persecuzione, il santo monaco si ritirò nel deserto della Tebaide, nell’Alto Egitto, e vi rimase sino alla morte, avvenuta nel 356. L’esempio di Antonio fu seguito da numerosi altri monaci che popolarono il deserto, formarono comunità e costruirono monasteri.

Tra i suoi discepoli si ricorda Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, da lui sostenuto nel corso delle persecuzioni e che del maestro ne tramandò la “Vita”.

 

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